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Rischi d’impresa, se la polizza non basta più

Intervista a Gianmarco Tosti Head of Mediterranean and Italy Country manager

Gennaio 25, 2022

I rischi sistemici per il mondo delle imprese stanno aumentando.
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Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore: https://24plus.ilsole24ore.com/art/rischi-d-impresa-se-polizza-non-basta-piu-AE8BWy8 Riproduzione integrale dell'articolo autorizzata dalla testata

«I rischi sistemici per il mondo delle imprese stanno aumentando. A fronte di questo le coperture assicurative riducono il proprio perimetro e aumentano i premi. Una situazione complessa che può generare molti problemi al mondo delle grandi imprese e a maggior ragione a quello delle medie e piccole». A parlare è Gianmarco Tosti, Head of Mediterranean ed Italy Country manager di WTW (Willis Towers Watson), multinazionale della consulenza assicurativa quotata al Nasdaq, con ricavi globali di oltre 9 miliardi di dollari, 45mila dipendenti di cui 550 in Italia. Wtw, è reduce da una mancata fusione con Aon, bocciata dall’Authority antitrust Usa, per una potenziale posizione dominante e si sta avviando verso una soluzione stand alone.

Dunque premi sempre più alti e rischi sempre più insidiosi. Che fare?

La soluzione migliore è comprendere come affrontare i rischi che vengono corsi analizzandoli in chiave prospettica. Come? Facendo degli stress test continui sui propri sistemi, e cercando di lavorare sulla consapevolezza propria e dei propri dipendenti.

Avete individuato quattro macroaree di rischio: cyber, geopolitico, mutamento climatico e demografico. A preoccupare di più il sistema delle imprese sembra però essere il rischio cyber. Quali sono i settori più esposti?

All’inizio i settori più colpiti da eventi negativi erano l’healthcare, il settore manifatturiero e quello dell’istruzione e dell’educazione, dei servizi professionali o all’industria. Prima il problema era la sicurezza dei sistemi di gestione e protezione dei dati sensibili a fronte di intrusioni abusive nei sistemi (data breach). Rapidamente poi ci si è trovati a fronteggiare un crescente problema di attività criminali vere e proprie. In questa fase le aziende si trovano a dover gestire una doppia criticità: l’aumento delle attività estorsive e la consistente riduzione delle soluzioni offerte dalle compagnie di assicurazione che, anche a fronte dei danni subìti a livello globale, hanno ridotto la portata delle coperture e aumentato i prezzi dei premi.

Come se ne esce?

Le nostre soluzioni non guardano soltanto al mero trasferimento del rischio ma sono più legate alla sua mitigazione e alla sua gestione prospettica in un’ottica di risk engineering. Oggi come oggi, nel mondo cyber (ma non solo) le aziende non voglio dire che siano sole ma è quasi come se lo fossero. Quello che cerchiamo di fare è trasferire il nostro know how e le nostre capacità analitiche (che sono il frutto di un lavoro di anni costruito insieme ai nostri grandi clienti, che sono le grandi multinazionali) al mondo delle medie aziende che in Italia sono la grande maggioranza. È ovvio che ci dobbiamo porre in una maniera leggermente diversa. E quindi personalizzare molto il nostro approccio, mantenendo però un’attitudine molto analitica. 

E come lo fate?

Cerchiamo di far ragionare i nostri clienti in termini numerici attuariali più che in termini storici. Spiego meglio: ci siamo resi conto che molti capi azienda per cercare di identificare e individuare quelli che saranno i percorsi del futuro sono portati a guardare al passato. Immaginano la prospettiva partendo dalla retrospettiva. Sfortunatamente oggi le evoluzioni e i cambiamenti sono così rapidi che questa equazione non è più valida. Per cui bisogna guardare al futuro in modo da cercare di prevedere ciò che potrà succedere.

Ma c’è da parte delle Pmi una consapevolezza di questo?

Secondo me la consapevolezza è crescente. Certo in Italia sicuramente siamo indietro: se si osserva la spesa assicurativa sul Pil in Europa l’Italia si pone in un rank abbastanza basso. E non confonderei l’aspetto legato al trasferimento del rischio alle assicurazioni, con la consapevolezza dei rischi che si corrono, questo perché spesso esiste una netta dicotomia tra le due cose. In effetti quello che si riesce a trasferire al mercato assicurativo è solo una frazione di quelli che sono i rischi che le aziende corrono effettivamente.

E voi quando entrate in scena che cosa fate?

Cerchiamo di aiutare le aziende a identificare, mappare e quantificare in termini di frequenza e di esposizione: il total cost of risk dell’azienda, cioè l’elemento finanziario del rischio il che significa quanto accantonare nei rispettivi conti economici e quindi nei propri bilanci.

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